Le vitamine, da sempre, nel nostro immaginario generano ottimismo e le associamo ai colori e al sole, a molecole per la salute. Mai come in questi ultimi due anni, con la pandemia, ci siamo chiesti se potessero farci guadagnare difese e salute.  In particolare, la vitamina D è diventata la protagonista di un ampio dibattito, soprattutto in Inghilterra dove il governo l’ha perfino distribuita alla popolazione come se fosse un coadiuvante per curare la malattia grave da Covid 19 ed utile per prevenire il contagio. Così, per fare chiarezza, ne abbiamo parlato con il dottor Giovanni Marotta, medico, studioso e formatore, direttore del Centro Italiano di Medicina Integrata, autore di un recente corso in audiovideo proprio sulle vitamine dal titolo “Le molecole della vita”.

Come si stimola la vitamina D?
La prima cosa da sapere – afferma Marotta – è che possiamo stimolare ed autoprodurre la vitamina D, esponendoci al sole durante tutto l’anno, cercando di scoprire la pelle, non solo d’ estate, nelle ore giuste (anche per poco tempo, ma spesso e senza crema solare), infatti, la vitamina D, sintetizzata in condizioni ottimali nel periodo di massima esposizione solare, può rimanere attiva lungo tutto il periodo invernale. E’ utile essere consapevoli del fatto che la vitamina D si attiva per contatto diretto della pelle con i raggi solari UVB, mentre non si assorbe al chiuso o sotto i vestiti, allo stesso tempo, sono proprio i raggi responsabili dello eritema solare e di tutte le scottature quelli che attivano la nostra VIT D. In particolare il fissaggio avviene solo su una lunghezza d’onda limitata (295 -314 nanometri), quindi occorre esporsi per non più di 20 minuti ogni giorno, anche nelle ore di maggior picco, facendo attenzione, ma senza crema solare. Esistono anche degli alimenti particolari che contengono la vitamina D, ma di certo non sono ingeribili in grandi quantità e di cui occorrerebbe sempre valutare le qualità organolettiche, la preparazione e la conservazione (come il ben noto olio di merluzzo, licheni ed alghe). Fatte queste considerazioni, ci rendiamo conto che l’integrazione va misurata e valutata con il proprio medico, poichè, occorre prima capire se ne abbiamo a sufficienza, richiedendone il dosaggio (i laboratori possono usare unità diverse tra loro nel peso in grammi opp unità internazionali) con un semplice esame del sangue (non meno di 30 nanogrammi per 1 litro di sangue, ma occhio anche all’eccesso, non più di 60). Qualora si fosse molto carenti questo potrebbe essere la spia di infiammazioni in atto nell’organismo, pertanto occorre comprenderne le ragioni, altrimenti non si cura bene la persona ed offrire semplici risposte automatiche, aggiungendo integratori, potrebbe non essere la strada ottimale. Un’ attenzione particolare va posta anche ai composti con cui si andrebbe a sopperire alla carenza di vitamina D, perchè non tutti sono di buona qualità o precisi nei dosaggi riportati sulla confezione, pertanto anche lì è preferibile un buon consiglio, piuttosto che valutare sul web solo in base al miglioro prezzo. A volte, la vitamina D è anche inserita in composti di calcio, che possono però creare problemi di deposito in tessuti molli e questo non è un bene, quindi l’approccio deve evitare il fai da te. Una cosa è certa, la vitamina D svolge molteplici compiti di grande utilità a livello generale per l’organismo (sclerosi a placche, disturbi cardiovascolari, tumori, autismo, parkinson), poichè i recettori della vitamina D si strovano nelle cellule immunitarie ed è una molecola che ha contribuito alla nostra evoluzione.

IN COSA CONSISTE LA SUPPLEMENTAZIONE?
Ormai gli studi hanno dimostrato che ha una funzione per tutto il sistema e che può aiutare a resistere meglio rispetto all’ insorgenze di non poche malattie, ma la supplementazione, in cosa consiste? Nei periodi di carenza di sole, per un adulto, si consigliano 2000 UI al giorno, tuttavia il monito è sempre uno: per il benessere fisiologico occorre equilibrio tra le diverse molecole che, come le vitamine, vanno assunte in piccole dosi ed in base al proprio stile di vita e al tipo di alimentazione (gli atleti possono avere carenze, come i soggetti obesi o chi soffre di infiammazioni croniche generali). Consolidato il ruolo importante nel metabolismo del calcio per ritardare l’osteoporosi. Tuttavia, occorre sempre ricordare il principio che il nostro organismo per stare in salute deve far suonare tutti gli strumenti, come in una orchestra: ognuno ha il suo tempo ed il suo spazio e deve poter vibrare al momento giusto. Ad esempio, per chiarire il concetto, la vita D permette di assorbire il calcio nell’intestino e poi lo porta in tutti i tessuti, ma è grazie alla vitamina K2 che va nelle ossa, evitando che il calcio, che spesso si associa alla vitamina D, non vada nelle arterie nè in altri organi. Alcune vitamine si trovano facilmente negli alimenti, come la vitamina K1 (molto presente nei vegetali, anche di uso quotidianocome il prezzemolo) invece la K2 ha diverse molecole e tra queste quella che è la più utile per il processo di osteoporosi. Le vitamine, quindi, lavorano insieme, sono preziose, sono migliaia di molecole ed aiutano a farci stare bene, ma l’equilibrio si ottiene se uno strumento dell’orchestra non suona troppo forte o se non è scordato. Infine, va detto che esistono alcuni medici che somministrano la vitamina D in dosi elevate, ma, in quel caso, possono farlo solo sulla base di protocolli molto precisi, che vanno studiati e validati e nei casi che lo richiedano davvero.